Usura e contratti bancari. Nota a sent. Trib. Napoli del 06/10/2016

07 novembre 2016

Interessante la decisione del Tribunale di Napoli Nord del 19 settembre 2016, estensore dr. Rabuano, trovata in Il Caso.it, pubblicata il 6/10/2016, che puntualizza, tra l’altro, come la norma del codice penale in materia di usura, vertendo in materia penale, debba essere interpretata in modo rigoroso, tale cioè da consentire di definire con precisione la “volontà del legislatore”.
Si riferisce  all’art. 644 cod. pen. che testualmente recita: Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000.
Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma, procura a taluno una somma di denaro od altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario.
La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria.
Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.
Le pene per i fatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà:
1) se il colpevole ha agito nell'esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare;
2) se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari;
3) se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno;
4) se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale;
5) se il reato è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di applicazione e fino a tre anni dal momento in cui è cessata l'esecuzione.
Nel caso di condanna, o di applicazione di pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti di cui al presente articolo, è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di denaro, beni ed utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento dei danni”.
Il Tribunale partenopeo si pone infatti in via preliminare il “problema di teoria generale che deve esser esaminato preliminarmente concerne i rapporti tra diritto civile e diritto penale e, precisamente, il fenomeno di convergenza tra le norme di diritto privato che regolano la materia contrattuale e le norme incriminatrici che prevedono fattispecie in cui un elemento”.
L’art. 1815 c. c. dispone che: “Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Per la determinazione degli interessi si osservano le disposizioni dell’art. 1284 c. c.. 2. Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi”.
La questione che deve essere esaminata è se il legislatore con la locuzione “Sono convenuti interessi usurari” preveda una fattispecie perfettamente coincidente sotto il profilo soggettivo e oggettivo con il fatto di reato descritto dall’art. 644 c. 1 cod. pen. ovvero preveda una fattispecie, cioè la pattuizione di interessi usurari, che riprende esclusivamente l’elemento oggettivo del reato e, precisamente, la stipula convenzionale di interessi che superino il tasso soglia. Ebbene, il tribunale ha ritenuto che l’art. 1815 co. 2 cod. civ. preveda la stessa fattispecie sanzionata dall’art. 644 co. 1 c. p., e che quindi sia necessario per l’applicazione della sanzione civile indiretta ivi prevista l’elemento soggettivo della consapevolezza e volontà di applicare il tasso usurario, l’approfittamento dello stato di difficoltà economica della parte mutuataria e la previsione del tasso usurario. Inoltre, è stato sottolineato, in forza del principio di unitarietà dell’ordinamento giuridico e di non contraddizione, che lo stesso ordinamento non può autorizzare qualunque negozio sorretto da intento
di liberalità e al contempo incriminarli quali delitti di usura sulla base della meramente formale usurarietà legale della prestazione.
Tali norme devono essere interpretate tenendo conto anche del principio costituzionale di precisione della legge penale (cfr. Corte Cost. 247/89) e il principio di determinatezza (cfr. Corte Cost. 96/81). Ne consegue che il giudicante partenopeo si è discostato dall’orientamento sostenuto in dottrina e in giurisprudenza secondo cui l’art. 644 co. 4 c. p. nel fissare il criterio di determinazione del tasso
soglia esclude la sommatoria tra tasso di interesse corrispettivo e tasso di interesse moratorio per il solop fatto che il tasso di interesse moratorio è un costo eventuale collegato all’erogazione del credito solo nel momento patologico del rapporto contrattuale quale sanzione per inadempimento.
Ha osservato infatti il tribunale che il reato si perfezione con la stipula del contratto contenente la pattuizione usuraria prescindendo dalla attuazione del programma contrattuale.
Inoltre, le direttive 2008/48/CE e 2014/17/UE non hanno portata generale ma hanno un ambito applicativo limitato a determinati tipi contrattuali, infatti la direttiva 2008/48/CE non si applica, tra gli altri, ai contratti di importo inferiore ad Euro 200,00 e superiore ad Euro 70.000,00 mentre  la direttiva 14/17/UE ha come ambito di applicazione i “contratti concernenti i crediti ai consumatori garantiti da un’ipoteca o altrimenti relativi a beni immobili residenziali”. Infine, la normativa comunitaria ha come finalità la garanzia della trasparenza delle condizioni contrattuali e la comparabilità delle offerte necessarie per garantire il regime concorrenziale nel mercato dell’intermediazione creditizia, sicuramente estranea a quella perseguita dagli artt. 644 c.p.c e 1815, comma 2, cod. civ. diretti a reprimere il fenomeno usurario, dando rilevanza per la determinazione del tasso soglia alla sommatoria degli interessi corrispettivi, anche capitalizzati, e gli interessi moratori.
Nell’ipotesi in cui il decreto CICR che rileva il tasso soglia tramite la Banca d’Italia escluda espressamente il riferimento al tasso di interesse moratorio, difettando una previsione normativa che autorizzi il comitato interministeriale del credito e del risparmio a differenziare i tassi soglia sia per categorie di operazioni sia per singole voci di costo, ne deriverebbe che il giudice applicherà l’istituto della disapplicazione, essendo detto decreto un mero atto amministrativo, e come tale subordinato alla legge e a maggior ragione alle altre fondi sovrordinate del diritto.
Non si può invece condividere le conseguenze che dalla disapplicazione il tribunale di Napoli fa discendere: sostiene infatti che, “ eliso il termine normativo/amministrativo di riferimento per la verifica del tasso soglia è impossibile procedere all’accertamento della natura usuraria del tasso complessivamente previsto nel programma contrattuale.” Così impostato in ragionamento, si scorge vi è un salto logico tra la premessa e la conclusione: poiché il dm prescinde dal tasso di mora va disapplicato, ma disapplicandolo non si può più tenere conto di alcun elemento contenuto nel dm. Tale conseguenza è aberrante. Ciò che viene disapplicato del dm, infatti, non sono i dati ivi contenuti di per sé considerati, bensì il fatto che tali dati non sono completi, dovendo essere integrati –ad avviso di chi scrive- con l’ulteriore dato dell’interesse moratorio.

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